Recensione L'ALBA SULLA MIETITURA di Suzanne Collins
Autrice: Suzanne Collins
Data di pubblicazione: 18 marzo 2025
Editore: Mondadori
Pagine: 400
Trama:
Recensione:
L’alba sulla mietitura è un prequel che ci riporta ai Cinquantesimi Hunger Games, noti come l’Edizione della Memoria. È il momento in cui Haymitch, ancora giovanissimo, viene sorteggiato per rappresentare il suo distretto. Siamo ben prima degli eventi della trilogia principale, ma chi ha amato Hunger Games non può assolutamente perdersi questo capitolo della saga: è fondamentale per comprendere appieno le origini di uno dei personaggi più complessi e amati della serie.
Devo ammetterlo: questo libro mi ha devastata.
Suzanne Collins riesce ancora una volta a costruire un racconto potentissimo, che ti strappa dentro. Ritornano tutte le fasi classiche degli Hunger Games – dalla mietitura agli allenamenti, dalle interviste fino all’arena – ma questa volta con un’intensità ancora maggiore. Non solo perché sappiamo già quanto può essere crudele il sistema, ma perché stavolta i tributi non sono 24, bensì 48. Il doppio. Una crudeltà studiata ad arte per celebrare, nel modo più mostruoso possibile, la potenza e il controllo di Capitol City.
L’arena stessa è un personaggio a sé, costruita per disorientare e annientare. Ogni dettaglio sembra fatto per dimostrare che la vita, per i tributi, non vale nulla. E in mezzo a tutto questo, ci sono loro: ragazzi giovanissimi, ognuno con la propria storia, le proprie paure, i propri sogni spezzati.
Ho amato profondamente i personaggi – tutti, tranne ovviamente Snow. La Collins è bravissima nel dar loro tridimensionalità. Nessuno è semplicemente “buono” o “cattivo”: sono esseri umani, pieni di difetti, fragilità, ma anche di forza e dignità. C’è chi lotta per sopravvivere, chi si arrende, chi cerca di mantenere la propria umanità fino all’ultimo respiro. È questo che rende la lettura così coinvolgente e, al tempo stesso, straziante.
Ma la parte che più mi ha colpita – e che secondo me rende questo libro ancora più potente – è il modo in cui viene affrontato il tema della propaganda.
Suzanne Collins ci mostra con estrema lucidità come il potere a Panem sia costruito non solo sulla violenza, ma soprattutto sulla manipolazione dell’informazione. Tutto ciò che viene mostrato ai cittadini – sia nella Capitale che nei Distretti – è filtrato, ritoccato, modellato per servire un’unica narrativa: quella del potere assoluto. Ogni gesto, ogni parola, ogni tragedia viene strumentalizzata. La propaganda diventa un’arma tanto letale quanto le trappole dell’arena.
Haymitch, purtroppo, sperimenterà tutto questo sulla propria pelle. La sua storia è una ferita aperta. Ci permette finalmente di capire le sue cicatrici, il suo cinismo, il suo dolore. Quel suo sguardo perso e disilluso che avevamo imparato a conoscere nella trilogia, ora ha una spiegazione. È impossibile non provare empatia per lui, non soffrire insieme a lui, non sentirsi impotenti davanti all’ingiustizia che subisce.
In più, Suzanne Collins regala ai fan diversi dettagli e collegamenti preziosi con la trilogia principale. Personaggi che pensavamo di conoscere si arricchiscono di nuove sfumature, eventi che ci sembravano chiari assumono significati più profondi. È come se ogni pezzo del puzzle andasse finalmente al suo posto – e il risultato è tanto affascinante quanto doloroso.
Non voglio fare troppi spoiler, perché credo che sia un libro che va vissuto pagina dopo pagina. Ma posso dire con certezza che L’alba sulla mietitura non è solo un’aggiunta alla saga: è un tassello fondamentale per capirla fino in fondo.
Se siete fan di Hunger Games, questo libro è obbligatorio. Vi spezzerà, vi farà arrabbiare, vi farà piangere, ma soprattutto vi farà riflettere. Perché, sotto la superficie di un romanzo distopico, Suzanne Collins continua a parlarci del nostro mondo: del potere, del controllo, della resistenza, della memoria.
Consigliatissimo. Ma preparatevi, perché non ne uscirete indenni.
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